La scelta di essere ottimista e la maternità dopo l’intervento – progetto Resilient Mothers

Tutto è cominciato nell’estate del 2003. Ero in vacanza con le amiche e ricordo che mentre passeggiavo sul lungomare ho avuto dei fortissimi crampi. E mi sono sdraiata su una panchina non capendo che cosa mi stesse succedendo.

Da quel giorno la mia vita non è più stata la stessa.

All’inizio ho cercato di far finta di niente e mi vergognavo. Non lo accettavo. Ho iniziato l’università e, tra una lezione e l’altra, quando stavo male o avevo urgenza del bagno, stringevo i denti e andavo avanti. Ma stavo sempre peggio. Perdevo sangue, perdevo peso, perdevo la fiducia in me stessa.

© Chiara DeMarchi

Poi è arrivata la diagnosi: rettocolite ulcerosa. E con lei, le innumerevoli terapie. Davo gli esami da non frequentante, avevo completamente interrotto la vita sociale, andavo avanti per inerzia e vedevo il futuro solo nero. Dopo 5 anni, la mia malattia si era estesa a tutto il colon. Era diventata resistente ai farmaci. La mia pancia sanguinava di continuo e passavo le notti in bagno in preda ai crampi urlando in silenzio.

© Chiara DeMarchi

Poi, dopo l’ennesima terapia che non dava risultati, con il colon ridotto a un colabrodo, e delle biopsie che non promettevano nulla di buono, è arrivato lui: il paracadute. Così lo ha definito il medico che me lo ha proposto, indirizzandomi verso un chirurgo. Colui che, insieme al suo staff, mi ha letteralmente salvato la Vita, e che ringrazierò per sempre. L’intervento di proctocolectomia totale all’inizio mi ha provocato un dolore che mi ha estraniata dal mondo. Per un mese ho portato la stomia e poi mi sono sottoposta all’intervento di ricanalizzazione che, paragonato al primo, è stato una passeggiata. Da lì in poi, a poco a poco, con il tempo mi sono ripresa in mano la mia vita.

Come ogni intervento chirurgico, la proctocolectomia totale comportava dei rischi. Tra gli altri, il medico aveva accennato a una possibile diminuzione della fertilità. Questo mi faceva un po’ paura quando pensavo alla maternità che, un giorno, avrei sicuramente desiderato. Ma quando è arrivato il momento, ho deciso di essere ottimista ed ha funzionato!

© Chiara DeMarchi

Il 14 maggio 2016 mi sono sposata ed un mese dopo, inconsapevolmente, una nuova vita stava crescendo dentro di me. Io me lo sentivo prima ancora di fare il test perché lo volevo fortemente ed avevo scelto un atteggiamento positivo. Il 13 marzo 2017 è nato Alessandro. Poi il 7 febbraio 2019 è nata Stella.

© Chiara DeMarchi

In questo racconto ho parlato molto di come la malattia abbia condizionato la mia vita quand’ero ragazza, e meno di come abbia influenzato le mie due gravidanze. Questo rispecchia la mia esperienza. Certo, vivere senza il colon implica comunque difficoltà, rinunce e compromessi, ma ciò non mi ha impedito di vivere due gravidanze serene e di partorire naturalmente i miei bambini. [su_pullquote align=”left”]Le difficoltà per me, come per molte neo-mamme affette da MICI, sono arrivate nel post-parto[/su_pullquote] Trovarsi con un neonato che dipende interamente da te per ogni suo bisogno primario non è facile, e un’eventuale riacutizzazione della malattia può rendere questo periodo più faticoso. Ma voglio dare a te, futura mamma, il mio consiglio e il mio messaggio di speranza.

Il mio primo consiglio è di farsi seguire sempre da un medico di cui hai fiducia e di rivolgerti a lui non appena il corpo invia dei segnali di disagio. Per prendersi cura del proprio bambino e per allattarlo, se lo si desidera, è necessario prima prendersi cura del proprio corpo.

Il mio secondo consiglio riguarda l’allattamento. L’idea che il proprio bambino abbia bisogno in questo senso solo della mamma che, nel caso in cui dovesse stare male fisicamente, non può essere sostituita da un’altra persona, può fare paura ed essere psicologicamente pesante. Se è troppo gravoso, è possibile decidere di interrompere l’allattamento, ma con l’aiuto di un medico e di un’ostetrica è possibile proseguire, senza doversi privare di questa esperienza meravigliosa e unica nella vita, tra mamma e bambino.

© Chiara DeMarchi

Ed infine il mio incoraggiamento. Quella ragazza che si era chiusa in casa con la sua malattia, che passava le notti in bianco per i crampi, che vedeva il futuro nero, non avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe diventata mamma e per ben due volte. Avere momenti di sconforto, di sfiducia, di negatività è normale ma, pensando positivo e come si sente spesso in questo periodo che stiamo vivendo, ”Andrà tutto bene”!

Benedetta, colite ulcerosa, mamma resiliente di Alessandro e Stella